L’auto-sacrificio può essere inteso come l’abbandono degli interessi personali al fine di preservare il benessere di un altro.
La tendenza a sacrificarsi per gli altri è spesso vista come una caratteristica positiva dell’essere umano. Nella maggior parte dei casi chi si sacrifica si sente fiero di occuparsi degli altri e viene giudicato positivamente dalle altre persone. Con la caratteristica dell’autosacrificio è facile guadagnarsi la simpatia degli altri, infatti, spesso chi tende all’altruismo, al supporto altrui, all’aiuto, ha molte persone attorno.
Tuttavia questa caratteristica può diventare controproducente quando assume dimensioni eccessive nella vita delle persone.
Le persone con lo schema dell’autosacrificio tendono a concentrarsi esclusivamente sugli altri, a sacrificarsi volontariamente, mosse dal desiderio di evitare sofferenze, dispiaceri altrui. Tuttavia impegnandosi molto per soddisfare gli altri finiscono per trascurare i propri bisogni, la propria realizzazione personale.
Chi tende all’autosacrificio?
Chi presenta questo tipo di schema presenta caratteristiche di empatia e capacità di captare le esigenze altrui, una buona predisposizione all’ascolto e tendenza a porsi in secondo piano.
Le persone che tendono all’autosacrificio possono sentirsi in imbarazzo quando l’attenzione ricade su di loro, tendono ad essere indirette piuttosto che esprimere apertamente le loro necessità e possono avvertire forte motivazione nell’attivarsi per soddisfare le necessità della persona verso cui nutrono interesse; possono sentirsi responsabili per gli altri al punto da avvertire senso di colpa se non si occupano di loro, inoltre possono avvertire la sensazione di non riuscire a fare mai abbastanza.
Le persone che si autosacrificano si descrivono come felici di farlo.
Generalmente esse sono convinte di agire senza aspettarsi nulla in cambio, ma se, quando hanno bisogno di supporto non lo ricevono dalle persone alle quali hanno dedicato tempo ed attenzione, provano profondi sentimenti di rabbia e rancore.
Nonostante ciò, spesso queste persone continuano a sacrificarsi per qualcuno che non ricambia loro le attenzioni desiderate alimentando così, sempre di più, la rabbia e l’insoddisfazione personale.
Chi si sacrifica molto spesso sviluppa una sintomatologia psicosomatica, che può manifestarsi con mal di testa, disturbi gastrointestinali, dolori cronici, affaticamento.
Talvolta questi malesseri somatici permettono alla persona di attirare le cure e le attenzioni degli altri in maniera indiretta e inconsapevole, poiché è solo davanti al malessere fisico che riescono a concedersi il diritto di ricevere dall’altro anziché dare all’altro.
Origine dello schema
La tendenza all’autosacrificio ha origine dall’interazione con una persona percepita come debole, bisognosa di cure, indifesa, malata, impossibilitata. Spesso chi manifesta lo schema dell’autosacrificio si è calato fin da piccolo nel ruolo del “bambino-genitore”, del “salvatore” nei confronti di un genitore percepito troppo debole o bisognoso.
La famiglia di questo tipo di persone è spesso stata caratterizzata da un atteggiamento di accettazione condizionata: per ricevere amore o essere approvati si è indotti a comportarsi in determinati modi, come ad esempio prendersi cura di qualcuno, imparando così che è meglio focalizzarsi sugli altri tentando di soddisfare i loro desideri piuttosto che prendersi cura di se stessi.
Inoltre, si apprende imitando le figure genitoriali! Chi presenta questa caratteristica è molto probabile che l’abbia presa in prestito da uno dei due genitori. Spesso, infatti, la coppia genitoriale è caratterizzata da un genitore che dà, che tende a sacrificarsi e l’altro che riceve. Così, da adulti, imitando le caratteristiche del genitore che si sacrifica si avvertirà la spinta a fare coppia con persone che mostrano di aver bisogno di ricevere, ricreando le dinamiche apprese.
Lo schema dell’autosacrificio è fortemente correlato allo schema della sottomissione e della ricerca di approvazione: in ognuno di queste modalità è presente la credenza che sia importante dare molta a attenzione ai bisogni degli altri.
Perchè può essere utile lavorare con un terapeuta sulla propria tendenza all’autosacrificio
Ogni persona ha il diritto di soddisfare i propri bisogni!
Sebbene le persone che presentano questo schema spesso, si percepiscano forti, nella maggior parte dei casi sono emotivamente deprivate. Cioè, si sono così tanto occupate degli altri da non percepire più i propri bisogni o in alcuni casi non conoscono affatto quali essi siano o cosa significhi sentire di poter ricevere dall’incontro con l’altro.
Il terapeuta in questo caso avrà il compito di proporre un’esperienza riparativa
Per questo sarà importante concedersi la possibilità che gli altri si occupino dei bisogni rimasti così a lungo insoddisfatti.
Lasciare che l’incontro con l’altro possa significare ricevere
Possa significare sentirsi ascoltati, supportati, compresi
Sarà importante, inoltre, ridurre le sensazioni di eccessiva responsabilità nei confronti delle altre persone per focalizzarsi su se stessi. Poter essere al centro della relazione insieme al terapeuta, potrà essere l’esperienza da cui trarre spunto per vivere rapporti meno disequilibrati.
Dunque, può essere utile lavorare con un terapeuta per fare esperienza di una relazione funzionale dove entrambe le parti hanno un ruolo paritario, in cui ciò che danno è in equilibrio con ciò che ricevono.
Se non sei ancora pronto a lasciarti supportare inizia da qui:
Quali strategie puoi iniziare ad adottare in autonomia?
1-Prendi nota di quanto dai
Annota quanto dai nelle relazioni significative della tua vita. Determina quanto fai per l’altra persona, quanto tempo le dedichi, quanto ti occupi di lei, avendo cura di specificare le azioni che compi nello specifico come atti di cura
2- Prendi nota di quanto ti dai
Annota quanto ti dai! Determina quanto fai per te, quanto tempo ti dedichi avendo cura di specificare le azioni che compi come atti di cura verso la tua persona
3-Prendi nota di quanto ti lasci dare
Ogni qual volta senti il bisogno di ricevere dall’altro prendi nota di qual è il bisogno che avverti e poi
determina se lo esprimi agli altri in maniera esplicita oppure tenti indirettamente di far capire e ottenere qualcosa. Annota quali modalità indirette utilizzi.
4-Esprimi chiaramente ciò che desideri
Se nella maggior parte dei casi usi modalità indirette allenati a chiedere apertamente e direttamente ciò di cui hai bisogno!
Ricorda: Ogni persona ha il diritto di soddisfare i propri bisogni! Anche tu!
Concediti supporto!
Scrivimi
Ti aspetto
Sara
Fonte bibliografica:
Young, J. E., Klosko, J. S., & Weishaar, M. E. (2018). Schema therapy. La terapia cognitivo-comportamentale integrata per i disturbi della personalità. Erickson
Consiglio lettura:
Young J.E., Klosko J.S. Reinventa la tua vita. Scoprite come modificare voi stessi e liberarvi dalle trappole che vi impediscono di cambiare la vostra vita. Raffaello Cortina – Milano