La storia di M.
M. è una donna di 40 anni, separata con un figlio.
Insoddisfatta del proprio matrimonio riesce dopo anni e con grande fatica a trovare il coraggio di lasciare il marito. Torna a vivere con i genitori e come da sua abitudine si fa in quattro per aiutarli, per esserci per loro. M. si è sempre sacrificata anche per il marito che a detta sua non l’ha mai davvero amata. La vita per lei è amara, difficile, per lei non ci sono molte gioie, ma solo tanti doveri. M. è convinta profondamente di non potercela fare da sola, di avere bisogno di qualcuno che l’aiuti a prendere decisioni, a svolgere le piccole cose quotidiane. Le è sempre mancato qualcuno con il quale sentirsi davvero amata. Tuttavia nonostante si senta così profondamente deprivata e sola, è sempre al primo posto se si tratta di esserci per qualcun altro.
Ed è proprio questo che si aspetta di ricevere. Proprio come lei c’è per gli altri se hanno bisogno di aiuto, si aspetta di poter essere aiutata sempre! Quando questo non accade si sente usata, messa da parte, non amata e non meritevole. Tutto questo la immobilizza e nell’attesa che qualcuno si accorga di lei, che qualcuno possa esserci per lei, il tempo scorre e la sua vita è immobile.
Insieme ripercorriamo la sua vita, e ci accorgiamo, come ad essere d’esempio per lei è sempre stata sua madre, con la quale condivide la convinzione di non essere all’altezza, la convinzione di dover adattarsi agli altri e alle situazioni scomode. M. è cresciuta in una famiglia umile e lavoratrice, dove ad essere elogiati sono i doveri lasciando poco spazio ai piaceri e ai bisogni più personali. Di certo però, una cosa non è mai mancata a casa sua: se qualcuno soffre, ha bisogno di aiuto, non ci si tira indietro!
Aiutare ed esserci la rendono degna di essere una buona figlia e allo stesso tempo aver bisogno di aiuto le assicura la vicinanza dei genitori altrimenti impegnati nelle faccende quotidiane.
Ed ecco svilupparsi una convinzione centrale per la sua storia:
Se mi aiuti vuol dire che mi ami!
e dunque … mi ami, se ho bisogno di aiuto.
Capiamo insieme, quanto sia profonda la convinzione e quanto difficile sia abbandonare l’idea di poter essere una persona bisognosa di aiuti, quanto possa essere difficile abbandonare le modalità di comportamento screditanti verso se stessa.
Nella sua storia essere in difficoltà è sempre stato un modo per assicurarsi presenza
Lasciando andare l’idea di essere sempre in difficoltà e iniziando a sviluppare forza e coraggio personali va da sé che si sarebbero persi l’amore, le attenzioni e la vicinanza
Dopo quasi un anno di terapia, durante un incontro raccontava di grandi vittorie personali. Era fiera di se stessa e felice di condividere con me tutto ciò che era riuscita ad ottenere, e allo stesso tempo, sorridendo e con gli occhi lucidi le era stato necessario sottolineare un piccolo avvenimento in cui non era riuscita proprio così bene. Certo aveva ottenuto grandi cose ma in ogni caso soffriva. Lo disse con il suo solito modo lamentoso e screditante tanto che proprio in quell’istante le fu chiaro di come usasse la sofferenza per avere attenzioni, considerazione e supporto.
Alla mia domanda: “di cosa hai bisogno in questo momento?” rispose che avrebbe tanto voluto essere abbracciata per le sue vittorie.
La sua modalità per assicurarsi attenzioni aveva preso a funzionare, la modalità con cui era cresciuta si era riattivata ma con le nuove consapevolezze sviluppate, la nostra relazione come posto sicuro, le è stato possibile prendersi cura del suo bisogno in maniera più adulta e soddisfacente.
È stato proprio in questo istante che M. si è concessa per la prima volta di chiedere un abbraccio per se, di riceverlo e soddisfare così a pieno un suo bisogno.